Genesis: Selling England by the pound

Nel 1973 i Genesis elaborano il più grande album della musica progressiva: “Selling England by the pound“. Oramai la maturità artistica è minuziosamente affinata, le liriche sono sublimi con riferimenti classici, epici e mitologici; tuttavia l’intero album, dopo un attento ascolto, appare meravigliosamente leggero e scorrevole. E’ complicato per me discutere di un disco così importante. Devo ammettere che dopo l’ascolto dell’album nella mia mente si sono aperti nuovi orizzonti musicali che prima difficilmente avrei scrutato: è perciò con il massimo rispetto che provo a recensire la musica più bella che io abbia mai ascoltato. Meno ambizioso del successivo “The lamb lies down on broadway“, altro capolavoro ma nel complesso più prolisso, “Selling England…” diviene a tutti gli effetti il vertice artistico dei Genesis. Non mancano, come al solito, i giochi di parole, le frasi incomprensibili, o i riferimenti sociali caratteristici dei loro lavori  anche precedenti (“Nursery cryme”), a cominciare già dal titolo del disco che direbbe in italiano:”Vendendo l’Inghilterra a un tanto al chilo“. In “Supper’s Ready” inoltre si chiedeva:”Cosa c’è per cena?”, e qui si risponde  “uova strapazzate!”

 I cinque musicisti trovano ampio spazio per dare sfogo alle proprie qualità. Apre l’album “Dancing with a moonlight knight“, superbo brano epico, icona del progressive inglese, con un Gabriel ispirato  che regala soluzioni canore in bilico tra follia e romanticismo. “I know what i like” è dolce e rilassante con un testo basato sul dipinto della copertina, mentre in “Firth of fifth“(firth of forth è un fiume scozzese!) sale in cattedra il piano di Banks, prima dirompente poi struggente nel duetto con il flauto di Peter. “More fool me”, cantata da Phil, è forse il brano meno intenso ed emozionante, ma la pausa è breve poiché si riparte con “The battle of happing forest”, sui fatti reali della lotta tra due bande rivali di Londra, e “After the ordeal”, una instrumental che incarna l’anima barocca dei Genesis, così romantica da trasportare l’ascoltatore in un’ atmosfera surreale. Infine “The cinema show“, con l’arpeggio di Steve Hackett delizioso, e “Aisle of plenty”, che riprende il tema armonico della prima traccia, chiudono un disco epocale che proietta i Genesis nell’ Olimpo dei grandi della musica inglese e non solo. Per chi non riesce a farsi trasportare dalla musica progressiva degli anni settanta, probabilmente anche l’ascolto di questo capolavoro non gli dirà niente. Per gli altri invece sarà il modo migliore per sognare ad occhi aperti!

Lunarsea